I Tratturi del Molise

I Tratturi

I Tratturi e la Poesia

"I Pastori"

di Gabriele D'Annunzio

Settembre, andiamo. È tempo di migrare.
Ora in terra d’Abruzzi i miei pastori
lascian gli stazzi e vanno verso il mare:
scendono all’Adriatico selvaggio
che verde è come i pascoli dei monti.

Han bevuto profondamente ai fonti
alpestri, che sapor d’acqua natia
rimanga né cuori esuli a conforto,
che lungo illuda la lor sete in via.
Rinnovato hanno verga d’avellano.

E vanno pel tratturo antico al piano,
quasi per un erbal fiume silente,
su le vestigia degli antichi padri.
O voce di colui che primamente
conosce il tremolar della marina!

Ora lungh’esso il litoral cammina
La greggia. Senza mutamento è l’aria.
Il sole imbionda sì la viva lana
che quasi dalla sabbia non divaria.
Isciacquio, calpestio, dolci romori.

Ah perché non son io cò miei pastori?

Una Poesia sulla Transumanza

Ad ispirare la celebre poesia “I Pastori” di Gabriele D’Annunzio, contenuta nella Raccolta poetica “Alcyone”, è proprio la Transumanza dei pastori d’Abruzzo. La lirica appartiene alla parte conclusiva della Raccolta e racconta l’arrivo dell’autunno, segnato dalla partenza dei pastori, che nel mese di settembre portano le greggi a pascolare verso la Puglia.
L’autore celebra la sacralità di questi rituali e li riconduce a una fusione con la natura che si ripete ogni anno. 
Con la sua poesia “I Pastori” Gabriele D’Annunzio rende testimonianza di quanto questa tradizione pastorale, la Transumanza, fosse viva in Terra d’Abruzzo, così pure in Molise, tra gli allevatori.
È settembre, l’arrivo dell’autunno riporta alla memoria del poeta le immagini della sua Terra d’Abruzzo, dove ha vissuto l’infanzia ed in questa stagione ha assistito tante volte alla Transumanza, cioè a quella migrazione stagionale dei pastori che conducono le greggi dei pascoli montani verso la pianura.
Il ricordo dei pastori riempie di nostalgia l’animo del poeta, li rivede mentre lasciano gli alpeggi e si incamminano lenti lungo i sentieri erbosi che portano fino al mare, gli stessi sentieri che per secoli hanno percorso anche i loro antenati; li immagina mentre si fermano a bere alle fonti alpestri e poi riprendono il cammino appoggiandosi al bastone e mentre si illuminano di gioia, intravedono il lontano luccichio del mare.
Il poeta sente con dolore di non appartenere più a quel mondo delle origini, in cui il tempo sembra essersi fermato, lontano da quella vita di pace, legata alla terra ed alle stagioni, che si svolge con le forme antiche di un rito.

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